Testimonianze dei volontari

HO TROVATO LA MIA STRADA

L’esperienza del Servizio Civile inizia nel febbraio 2019. Ci troviamo nella nebbiosa Padova. Mi ricordo ancora il senso di inadeguatezza ed insicurezza che mi pervadeva. Al tempo stesso però, c’era tanta curiosità e felicità per l’inizio di una nuova esperienza. Insomma, tante emozioni contrastanti, ma pur sempre emozioni.

Questo anno è iniziato in modo fortissimo: una settimana di formazione con tante altre persone, sconosciute, provenienti da ogni parte dell’Italia. Ho pensato subito potesse essere una grande esperienze, forte e dura. Ogni giorno, ho avuto la possibilità di conoscere nuove persone, confrontarmi, arrabbiarmi e piangere. Iniziare le giornate con sorrisi di persone che non conoscevo, di cui non sapevo neppure il nome, ma al tempo stesso riuscire a riconoscersi, è stato pazzesco. Nonostante l’obbligatorietà della formazione, avevo voglia di rimanere lì e quando è giunto il momento di andarsene e salutarsi, ho ripensato all’intensità delle giornate ed un poco mi sono rattristita. Tuttavia, con me c’erano le mie grandi compagne di viaggio che con il tempo sono diventate delle care amiche. Non posso far altro che ringraziarle per il sostegno, il supporto che mi hanno dato e per avermi sopportata in questo anno incredibile. È stata una settimana colma di emozioni, di pensieri, ho conosciuto persone con le quali tutt’ora ho un’amicizia, le quali hanno trascorso l’anno all’estero. La distanza geografica non è mai stato un problema, anzi forse ha rafforzato il rapporto. Sono felice! Sono felice di iniziare quest’esperienza e la curiosità è tanta.

A pochi giorni di distanza, giusto il tempo di ritornare alla realtà, inizia il Servizio Civile. Siamo noi quattro, legate da una piccola, ma intensa esperienza conclusa pochi giorni fa. Catapultate in una realtà che non conoscevamo. Un piccolo ufficio gestito da donne, che meraviglia! Sono tantissime le cose da fare, altrettante le cose da sapere per fare tutto, al meglio. Non ho ancora ben chiaro cosa devo fare, come e quando, ma paziento. Quel senso di inadeguatezza, di non essere al posto giusto al momento giusto, mi infastidisce. Mica me l’ha prescritto il medico di fare il Servizio Civile. Ed allora mi confronto con le ragazze, capisco che non sono sola, che insieme è tutto più facile. Qualcosa però interrompe questo benessere, una di noi prende una decisione inaspettata, non ne sappiamo nulla. Il tutto sarà più chiaro quando non la vedremo più in ufficio e piano piano anche il suo nome si perde tra i ricordi del primo mese. Tutt’oggi mi domando se abbiamo sbagliato qualcosa, se comunicare avrebbe potuto cambiare le cose. Intanto però questa esperienza deve andare avanti, il lavoro scavalca il resto. I mesi proseguono, le attività pure e pian piano capisco il mio ruolo, ho trovato un posto dove mi sento a mio agio. Inizia la facilitazione linguistica. Un percorso bellissimo che mi ha permesso di conoscere tantissime persone, volontari e volontarie, altrettanti bambini e bambine della scuola primaria e tanti altre della scuola media. Onestamente, questo percorso – la facilitazione linguistica – non è iniziato davvero come me lo aspettavo. Nonostante ciò, più andavo avanti, più prendevo spazio in questo progetto, più il mio senso del dovere, di stare bene e far stare bene le persone intorno a me cresceva. Ho preso a cuore tante situazioni, ho cercato di comprenderle, gestirle nel migliore dei modi. Mi sono trovata davanti a tanti perché? E attraverso il confronto costante con le mie compagne di viaggio, ma non solo, abbiamo sempre cercato di restituire qualcosa di importante alle persone con cui abbiamo condiviso questa esperienza. Ho ricordi freschi di questo viaggio, i sorrisi, i pianti dei ragazzi, le loro risate, i pomeriggi passati insieme. Le giornate trascorse con i volontari a progettare il pomeriggio, per renderlo indimenticabile.

La facilitazione linguistica è stato un tassello importante di questa mia esperienza, mi ha dato davvero molto e spero di aver lasciato anch’io qualcosa… In me ha smosso qualcosa di incredibile, una consapevolezza che un anno fa, prima di iniziare il Servizio Civile non avevo mai preso in considerazione. Un qualcosa che non è mai stato contemplato nei miei pensieri e soprattutto nel mio immaginario futuro, lavorativo e personale. Non vedo l’ora di realizzare questo progetto di vita!

Questa esperienza, a tratti molto intensa, mi ha permesso di conoscere molte persone. Mi ha dato la possibilità di mettermi in gioco, di conoscermi di nuovo e di scoprirmi. Mi sono confrontata ed ascoltata. Ho combattuto contro i miei limiti e le mie paure. Ho pianto tantissimo e riso come se non avessi mai pianto. Mi sono divertita tantissimo. Ho saputo ascoltare ed imparare. Ho dato tanto e preso tantissimo. È stata un’esperienza fortissima che difficilmente dimenticherò, ma perché dovrei.

Ora che questo viaggio si è concluso, riparto da me stessa, un’altra volta. Sono sempre io, ma diversa e con qualcosa in più.

Diletta

LA GRAMMATICA DELL’ACCOGLIENZA

“Sai mi piace studiare con te, sai spiegarmi le cose in maniera divertente.”

Insegnare italiano. Già… Quanto odiavo il trapassato remoto quando era ora di fare l’analisi grammaticale solo la mia matita consumata dai mordicchiamenti nervosi, e le novene della mia insegnante, lo sanno. All’epoca insomma mi avrebbe fatto ridere anche solo l’immagine di me di fronte a una lavagna intenta a spiegare l’italiano e le sue infinite regole, figuriamoci per giunta a qualcuno che viene da un altro Paese. E invece ora sono qui, a scrivere questa testimonianza con le mani sporche di gesso e una pila di cartoncini colorati a lato con scritti pronomi e verbi per il corso di italiano per donne di origine straniera, e pensando se B. riuscirà ad abbinare le frasi o a un modo per far interagire Z in classe.

Sentirsi chiamare “maestra” non è una parola banale. Anche se in realtà sono più un “aiuto maestra “ (è Vittoria la mia paziente mentore), la fiducia che queste signore ripongono nei nostri confronti è meravigliosa… come lo sono anche le loro storie che spesso  si intrecciano alle lezioni; ed è incredibile come ogni volta riescano a spiazzarmi nonostante veda in loro la stessa fatica che facevo io. Ma invece di arrabbiarsi consumando la gomma come facevo io loro alzano semplicemente gli occhi dal libro, sorridono, e con gli occhi colmi di felicità mi dicono “Grazie maestra”.

Giulia


È PRIMA DI TUTTO TRA I BANCHI DI SCUOLA CHE SI GIOCA LA SCOMMESSA DI UN MONDO MIGLIORE

“Non avrei mai immaginato che questa attività mi avrebbe fatto provare emozioni così forti”.

Sono le parole di A., che frequenta la seconda media di una scuola con cui abbiamo svolto un percorso educativo sul bullismo e il cyberbullismo. E neanche io, un anno fa, avrei immaginato che si potesse utilizzare un’Educazione non formale, attiva, per poter raggiungere i ragazzi, stimolarne così tanta partecipazione e interesse tanto da riuscire a lottare in una piccola aula contro ogni forma di discriminazione.

In meno di un anno di servizio civile, ho avuto prova di quanto sia fondamentale intervenire nelle scuole, porsi alla pari dei ragazzi, introducendo strumenti innovativi e tematiche fondamentali, come l’Educazione alla cittadinanza globale e i diritti umani. Gli studenti, e il mio stesso ruolo, mi hanno convinta di come sia importante intendere la scuola come luogo di partecipazione attiva e di cambiamento.

Durante i percorsi sulla migrazione, discutendo attivamente con gli studenti di ogni ordine e grado, avvicinandosi alla migrazione da un punto di vista autobiografico, o portando dati reali, mi sono resa conto di come ci si possa effettivamente allontanare dalla zona grigia di attenzione passiva, ma soprattutto di arrendevolezza alla mediocrità e alle informazioni distorte. In un contesto di confusione mediatica, pregno di veli opachi e confusi, è necessario costruire un pensiero critico, comporre una squadra di ragazzi informati che non ceda all’indifferenza, e che sia disposto a riconoscere una Storia in ogni essere umano.

Educare all’ascolto, al rispetto reciproco, riflettere sulla responsabilità che ognuno di noi ha verso l’Altro, ma soprattutto divertirsi nel farlo. Questo è il mio Servizio Civile ad Amici dei Popoli. Ogni mattina mi alzo felice sentendo di avere trovato il mio posto.

Serena


AMICIZIE CHE NON TEMONO BARRIERE

“Il mio esame orale è il 20 alle 15:30. Vieni?”

Con questo invito, così semplice e spontaneo, si è concluso il percorso di facilitazione linguistica con S. Un percorso intrapreso a novembre, proprio all’inizio del mio Servizio Civile e della sua nuova vita qui in Italia. Arrivato dal Togo per ricongiungersi ai genitori, S. è stato fin da subito coinvolto nel progetto di Amici dei Popoli Padova grazie alla segnalazione degli insegnanti, perché trovasse un sostegno nell’apprendimento dell’italiano e nell’inserimento sociale all’interno del quartiere Arcella.

Il primo giorno, fremevo all’idea di incontrarlo. Nel tragitto dall’ufficio alle aule di facilitazione, camminavo insieme a mille domande: riusciremo mai a comunicare? Gli sarò simpatica? Quali saranno le sue aspettative? Ma, soprattutto, sarò davvero in grado di aiutarlo?

Dopo sette mesi di compiti, tesine, esercizi di italiano, giochi e partite a calcio, incomprensioni, delusioni, risate e chiacchierate, non sono ancora riuscita a rispondere a quelle domande iniziali. S. ha superato gli esami di terza media al meglio delle sue possibilità e ora si sta godendo la sua prima estate italiana, nell’attesa di iniziare le superiori. Ha scelto – con un certo orgoglio – di iscriversi all’Istituto Tecnico, indirizzo meccanico.

È difficile stimare quanto il mio impegno abbia contribuito al suo rendimento scolastico o alla sua capacità di relazionarsi con i compagni di classe e gli insegnanti. Mi piace pensare di essere stata inutile, perché, in verità, il merito è tutto suo, del suo essere coraggioso, determinato e ambizioso.  Mai un’assenza, mai un “non ho voglia”, ma spesso e volentieri un “dai, andiamo avanti!”. Da parte mia, molto banalmente, c’è sempre stato l’incoraggiamento a crederci ancora e ancora, oltre qualsiasi ostacolo.

Alla fine di tutto, ciò che resta è la relazione, frutto di un incontro unico e irripetibile tra due persone come me e S., che, al di là della differenza anagrafica, linguistica e culturale, sono riuscite a convivere e condividere tanto. Così tanto, che non si può nemmeno raccontare.

Laura